Curiosità

Inflazione in Italia, danni sugli stipendi: i lavoratori che ci rimettono

Quali sono le categorie dei lavoratori che ci rimettono di più con l’inflazione 2022 in Italia? Come riporta anche il Corriere, rispetto allo scorso anno si compra l’8% di merce in meno rispetto allo scorso anno. Ebbene tra i più penalizzati dagli aumenti dei prezzi ci sono gli operai. Sulla retribuzione base, nel 2021, c’è stata una riduzione del 2,7%. Ma non sono gli unici a dover affrontare i danni legati all’economia in Italia causati dalla pandemia del Covid-19 e dalla guerra scoppiata in Ucraina.

Gli impatti dell’inflazione sul mondo del lavoro in Italia

Stiamo assistendo agli aumenti dei prezzi in vari settori, dal supermercato alle vacanze. Non solo, i costi della benzina e del diesel sono decisamente aumentati e stanno creando, ovviamente, non pochi malumori. Oltre gli operai, anche gli insegnanti si ritrovano a dover affrontare il danno. L’associazione nazionale insegnanti e formatori, Anief, assicura che “l’inflazione ormai sopra l’8%, da sommare a quella degli ultimi anni, sta impoverendo come non mai un milione e mezzo di docenti e Ata della scuola”. Il presidente dell’associazione, Marcello Pacifico, fa presente: “Nella scuola abbiamo questa opportunità: firmando subito il contratto ponte faremmo avere in media oltre 100 euro lordi di aumento, pari a 65-70 netti, più 2-3mila euro di arretrati. Solo l’incremento mensile, anche se non eccelso, andrebbe comunque a coprire una parte di quei soldi”.

Per quanto riguarda le famiglie più colpite dall’inflazione in Italia, quelle meno abbienti sono al primo posto. Ora c’è un rischio abbastanza evidente, ovvero che questi nuclei familiari che finora vivevano poco sopra la soglia di povertà si uniscano a coloro che non riescono ad arrivare a fine mese. Il potere d’acquisto sta diminuendo anche tra i pensionati e questo non è un dato da sottovalutare. Il caro prezzi sta colpendo chi percepisce la pensione, che da gennaio 2023 potrebbe aumentare. Siccome l’inflazione nel 2022 è arrivato al +8%, gli importi del 2023 potrebbero subire delle importanti modifiche. Questo ciò che riporta il Corriere oggi: “Il sistema in vigore prevede una rivalutazione al 100% dell’inflazione per gli assegni fino a 4 volte il trattamento minimo (2.062 euro al mese), una rivalutazione al 90% dell’inflazione per gli assegni compresi tra 4 e 5 volte il minimo (2.062-2.578 euro al mese) e una rivalutazione al 75% dell’inflazione per gli assegni sopra 5 volte il minimo (sopra i 2.578 euro al mese)”.

Ma questo potrebbe essere un costo difficile da sostenere per i conti pubblici. Pertanto, è aperta l’ipotesi di poter rivedere i criteri per la rivalutazione delle pensioni.

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